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La cucina nei rifugi alpini

La cucina nei rifugi alpini

Tempo di Lettura : 4 minuti

Il Piemonte è una regione a forte vocazione montana: basti pensare che la maggior parte del nostro territorio è coperto dalle Alpi Occidentali (43%).

La montagna si è svuotata negli anni per la ricerca delle comodità, tuttavia nei mesi invernali si popola di sciatori, fondisti e snowboarders, mentre in quelli estivi offre percorsi di trekking, di MTB e tanti piccoli borghi da visitare. Quello che accomuna tutte queste attività è la presenza di un “posto tappa”, i così detti rifugi alpini che continuano ad offrire ospitalità e ristoro in qualsiasi momento. Proprio i rifugi alpini contribuiscono a tenere vive le tradizioni culinarie del territorio.

«La cucina di montagna ricerca i sapori antichi, così detti “della nonna” rispetto all’impiattamento fine a se stesso, si punta a far sì che dall’esperienza che hai fatto, quando torni a casa ti ricordi che hai mangiato qualcosa di buono, hai fatto una bella camminata e hai goduto di panorami mozzafiato.»

Cosa offrono solitamente i rifugi Piemontesi?

Nelle nostre valli la richiesta da parte della clientela tende sempre di più verso i primi piatti, poco verso gli antipasti. Effettivamente tra i piatti tipici, quello che contraddistingue di più la montagna è la polenta accompagnata da vari sughi: spezzatino, formaggi e verdure. Un piatto che a casa solitamente non si cucina e che nei rifugi delle alpi marittime, ma anche nelle alpi in generale, va di più.

Molto spesso troviamo anche la pasta fresca in tantissime varietà come tajarin, ravioli, gnocchi e tanto altro. Viene proposta anche per un fattore logistico perché si può preparare prima del servizio ed è molto veloce da cuocere.

Ogni valle si porta dietro la sua tipicità: la sua pasta fresca rigorosamente preparata a mano che è richiesta quasi al pari della polenta. Troviamo difatti nella zona di Castelmagno I gnocchi al Castelmagno; in Val Varaita ci sono Le ravioles della Val Varaita, una sorta di gnocco ma dalla forma più affusolata; in Valle Stura I Cruzet, simili a delle orecchiette. Tutti questi piatti hanno una storia e ricette che si tramandano da generazioni su tutto il territorio.

Gli antipasti sono quelli tipici piemontesi come il Vitello Tonnato, la Giardiniera e tanti affettati e formaggi del territorio, richiesti moltissimo anche per aperitivo.

Anche la montagna si è ‘’adattata’’ al rito dell’aperitivo, certamente in maniera più personale poiché l’approccio cambia da gestore a gestore ma tramite la realtà del rifugio si ha la possibilità di avvicinarsi a nuovi ingredienti, così da riuscire a servire una vasta gamma di prodotti, da quelli di nicchia a quelli ricercati: formaggi, salumi, miele che il cliente riesce a conoscere ed apprezzare. In questo modo si viene a creare una vera e propria ‘filiera’ del territorio tra produttore-ristoratore-cliente, dando vita ad un grande valore aggiunto che solo la montagna e la passione per il proprio lavoro riescono a dare.

I secondi piatti sono meno richiesti poiché il costo è elevato. A livello di preparazione il tempo richiesto è notevole e i rifugi più in alto, con scorte limitate, fanno decisamente più fatica ad essere approvvigionati.

I dolci sono più che altro torte. Non c’è tanto la cultura del dessert in montagna e quindi vengono serviti i grandi classici piemontesi, come il Bonet e la torta di nocciole.

Per questo motivo si punta tanto su crostate e torte fragranti, piatti semplici da preparare e che non devono essere necessariamente serviti subito dopo la preparazione.

Anche il bere negli ultimi anni è cambiato molto: non solo più pochi tipi di vino ma una vera e propria selezione di vini del territorio. Così come le birre sempre più ricercate sia alla spina che in bottiglia, ma rigorosamente artigianali.

Vista la grande richiesta che si sta verificando oggi, sempre più rifugi stanno cominciando a proporre un’alternativa vegetariana e un’alternativa senza glutine. Molti grandi classici sono vegetariani o facilmente riadattabili: la pasta fresca e la polenta con sughi ai formaggi, ai funghi o con verdure come pomodori e porri. Poi c’è la Giardiniera, i Capunet e l’insalata russa.

Cucinare in montagna è semplice come sembra?

In questi ultimi anni, forse anche per mezzo della pandemia, c’è un nuovo approccio alla montagna: molti più clienti e tanta richiesta di mangiare prodotti tipici, del territorio e freschi. Un ruolo importante lo svolge il turismo di francesi, tedeschi, svizzeri ed austriaci interessati e disposti ad assaggiare piatti nuovi, qualcosa che non hanno mai gustato, ma sempre strettamente legato all’italianità. Senza dimenticare l’impronta decisiva del turismo locale che da sempre è alla base del sostentamento dei rifugi alpini.

Tuttavia una volta il concetto di mangiare in montagna era molto più semplice e senza troppe pretese. A fare la differenza era ed è il modo in cui sono serviti i rifugi: chiaramente se sono ubicati vicino ad una strada si riesce ad effettuare un’accoglienza e un servizio più simile a quello dei classici ristoranti. Nel nostro Piemonte però tanti si trovano molto in alto per cui gli approvvigionamenti sono limitati e a volte effettuati solo con l’ausilio di elicotteri, coi muli oppure a mano, con più di due ore e mezza di camminata.

Il miglioramento negli ultimi anni c’è stato soprattutto per i prodotti freschi come i tomini o per il pane che non viene più portato in quota surgelato e rigenerato in forno, riducendo così l’uso di prodotti inscatolati. Non bisogna però dimenticare che il rifugio non è un ristorante ma un posto dove si va ad ammirare la natura, camminare all’aria aperta e dove si deve apprezzare la possibilità di bere e mangiare perché nulla in montagna è semplice ed immediato.

 

Per scoprire tanti trekking da fare sulle nostre montagne visitate il sito: piemontealps.it

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